Dalle vette himalayane al deserto di Dubai

Dopo la proiezione ad Expo Dubai, Songs of the Water Spirits torna negli Emirati Arabi Uniti per parlare di cambiamenti climatici, ambiente e del rapporto dell’uomo con essi. Nei giorni del COP27, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che quest’anno ha luogo in Egitto, siamo stati così invitati come ospiti ad una delle lezioni tenute dal Dubai Natural History Group. Dalle glaciali temperature del Ladakh i canti degli spiriti dell’acqua hanno quindi raggiunto i deserti del Medio Oriente, dando vita ad uno degli obiettivi che fin dall’inizio aveva definito il nostro lavoro: far sì che il nostro documentario potesse generare di volta in volta sempre più increspature negli animi delle persone in modo da smuovere coscienze, volontà e riflessioni ben al di là delle catene montuose ladakhe. Internazionalità significa aprire spazi di confronto innovativi, di incontro con l’alterità, ma anche strade mai percorse prima d’ora, per questo siamo riconoscenti al Dubai Natural History Group, grazie al quale le intraprendenti voci dei protagonisti del nostro film hanno potuto risuonare intensamente come un’eco tra le valli del mondo.

Giovanni Criscione, senior protocol manager for Expo 2020 Dubai and Nicolò Bongiorno

Connecting minds, creating the future

Songs of the Water Spirits apre il festival Arona Città Teatro 2022

Domenica 4 settembre 2022, Dagnente – Anfiteatro di Villa Zuccoli

Storia, memoria e futuro. Songs of the Water Spirtis a Gressoney La Trinité

Ci troviamo ai piedi del Monte Rosa, nel comune di Gressoney, tra le cui vie si spande un’aria d’alta quota che, frizzante e pura, attraversa tutto il nostro corpo. Si tratta anche di un luogo centrale per la storia della climatologia e della glaciologia Italiana (Umberto Mònterin) e per la storia della fotografia alpinistica, (il monte Rosa di Vittorio Sella e di Mario Piacenza). Le ricerche innovative di Mònterin hanno animato l’intero dibattito scientifico per tutta la prima metà del XX secolo e sempre grazie al suo contributo l’Istituto “Angelo Mosso”, situato sulle pendici del Monte Rosa, ha compiuto quegli enormi passi in avanti che ancora oggi riverberano nelle ricerche di meteorologia alpina. Una ricca collezione di documenti raccolti dallo scienziato negli anni sono esposti in una bellssima mostra inedita al Forte di Bard “Umberto Mònterin, di ghiaccio di sabbia”, ma il suo lavoro innerva ancora oggi le indagini contemporanee di glaciologia e di meteorologia e negli studi condotti dal compaesano Michele Freppaz, professore dell’Università di Torino, vengono portate avanti con grande professionalità le ricerche di un settore disciplinare che oggi più che mai manifesta la sua centralità pratica nella necessità di far fronte alle sfide imposte dalla quotidianità. Insieme a Michele, amico di vecchia data, proprio a Gressoney abbiamo quindi messo in scena la proiezione di Songs of the Water Spirits e in compagnia dell’attento ed appassionato pubblico ancora una volta abbiamo potuto riflettere sui delicati temi del rispetto ambientale e del bisogno di una ricerca di un rapporto sostenibile con la natura.

Songs of the Water Spirits a Moncenisio. Ascoltare la voce delle montagne

Un grido spezzato si spande nell’aria; è la voce della sofferenza di un pianeta ancora una volta trafitto, ferito e costretto ad un arido cordoglio privo di lacrime. È quanto accaduto alcuni giorni fa lungo il ghiacciaio della Marmolada dove il crollo di un seracco ha provocato la morte di alcuni escursionisti impegnati nella salita. Una tragedia annunciata da quei climatologi e nivologi che da anni tentano invano di sensibilizzare le comunità internazionali ad un intervento repentino volto a contrastare i catastrofici effetti della crisi climatica. Nel 2019 il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) aveva infatti dichiarato come tra il 2004 ed il 2015 il volume del ghiacciaio della Marmolada si fosse ridotto del 30% e che nel giro di 25-30 anni avremmo potuto assistere alla sua definitiva scomparsa. Disastri a cui troppo spesso abbiamo guardato con sufficienza poiché ritenute questioni altrui e distanti; problemi, pensavamo, lontani dalle nostre responsabilità, ma la cui colpevolezza giaceva esposta in piena luce nella nostra condivisa accettazione di uno status quo globale. È per questo che oggi si rivela ancor più doveroso continuare a parlare non solo dell’aumento della temperatura media e della siccità incalzante, ma soprattutto di ciò che può esser fatto per limitarne gli effetti.

Di questo abbiamo voluto quindi parlare a Moncenisio in occasione della rassegna “Cinema in verticale” del Valsusa Filmfestival durante la quale, con la proiezione di Songs of the Water Spirits, il pubblico ha preso coscienza di come il destino di ogni uomo o donna sia intimamente legato al rispetto che saremo in grado di riservare alla natura. Monti, ghiacciai e fiumi non sono solamente imperituri testimoni che da millenni vegliano sui nostri passi, bensì espressione del nostro delicato legame con ciò che ci circonda; interpreti di un fragile equilibrio di cui possediamo un’inalienabile responsabilità.

È dunque con grande emozione e gratitudine che Allegria Films rivolge i suoi ringraziamenti al comune di Moncenisio e al sindaco Mauro Carena che ha scelto di dar voce alle nostre parole affinché esse possano trovare una propria eco tra le valli dell’animo umano e, come un gelido torrente, trascinare tra le sue acque la speranza di un cambiamento tangibile.

Il fragile Himalaya e la rampante globalizzazione indiana. Intervista al regista Nicolò Bongiorno

di Ginevra Amadio per Sapereambiente

L’ultimo lavoro del documentarista, “Songs of the Water Spirits”, dopo altri riconoscimenti in rassegne internazionali ha ricevuto pochi giorni fa il premio della giuria popolare nell’ambito dell’Archeofilm Fest di Perugia. L’acqua, i cambiamenti climatici e il confronto culturale con l’occidente tra i grandi temi toccati


Dagli abissi alle vette. Quello di Nicolò Bongiorno è un viaggio in verticale, un’esplorazione fatta di tappe che si susseguono, completandosi l’un l’altra. Songs of the Water Spirits (Italia, 2020, 100’) costituisce in tal senso un piccolo traguardo, il punto di coagulazione della sua ricerca. Prodotta da Allegria Films e presentata con successo in più rassegne internazionali, la pellicola si è appena aggiudicata il premio “Città di Perugia – Archeologia Viva” al termine della prima edizione di Perugia Archeofilm, kermesse del cinema storico, archeologico e ambientale tenutasi dal 21 al 23 giugno ai Giardini del Frontone e al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria.

«Un riconoscimento del pubblico che rende conto di quel che è capace il regista, volto a tessere un lungo dialogo con la natura, «un inno sacrale al potere della Terra» .

Dall’osservatorio privilegiato del Ladakh, regione himalayana dell’India in profonda trasformazione, Bongiorno riflette sulla mutazione antropologica e sugli effetti di un capitalismo divorante, che soffoca ambiente, cultura, spirito del luogo. Tra gare di rally, turismo di massa e la montagna che si fa metafora vivente di un mondo in sgretolamento, l’autore realizza un’opera dentro le contraddizioni del tempo, facendosi etnografo di popoli e luoghi.

Il Ladakh come lente di ingrandimento dei cambiamenti climatici, del logorante agire dell’uomo sulla terra. Nicolò Bongiorno, la scelta di un luogo così “remoto” risponde all’urgenza di mostrare la pervasività di questi effetti, di mettere in luce – quasi per contrasto – quanto sta accadendo a livello globale?

Il Ladakh è considerato un laboratorio sociale, economico, culturale del pianeta. Si tratta di un luogo che ha fatto un balzo improvviso, recuperando in pochissimo tempo decenni di chiusura al turismo e alle sirene della globalizzazione. Se vi si pone una lente di ingrandimento è possibile percepire ciò che sta accadendo in tutto il mondo, e la sensazione è quella di toccare un luogo fragile che sta mutando pelle, a ritmi forse insostenibili. Le montagne, inoltre, sono formazioni delicatissime e dal loro stato, dalla loro tenuta, è possibile percepire i cambiamenti, gli effetti di un clima “impazzito” e dell’azione dell’uomo.

Qual è il ruolo della parola scritta nel tuo cinema? Il film si apre con la poesia di Goethe Gesang der Geister über den Wassern e si chiude con i versi di un poeta locale dedicati all’acqua. Alcuni dei momenti più belli mostrano i protagonisti che leggono notizie, ragionano sui mutamenti in atto. È come se la scrittura trattenesse più verità e ci mostrasse come il linguaggio – quello dell’arte in primo luogo – sia una porta d’accesso al nostro immaginario…

Fare cinema significa lavorare con l’arte, sondarne le possibilità espressive. Anche il documentario, il cui linguaggio può apparire freddo, scientifico, è in realtà una forma ‘aperta’, in cui far confluire realismo e riflessione, lavoro artistico e artigiano. Quello che cerco di fare è trasmettere emozioni di vita reale, vissuta, incrociando l’opera di indagine con l’esperienza umana. Per questo gli attori, di cui amo conoscere le storie, sono colti nella loro genuinità, nel ritmo spontaneo dei giorni. Non ci sono filtri, dunque la forza del racconto è tutta nelle parole, nelle immagini che producono i loro ricordi, le loro testimonianze.

La scelta degli interpreti – il linguista francese Nicolas Tournadre, l’ingegnere Sonam Wangchuck, l’attivista Deskit Angmo – sorta di guide alla scoperta del ‘nuovo’ Ladakh, sembra rispondere a una logica dell’alternanza, alla necessità di mostrare come Oriente e Occidente possano parlarsi, confrontarsi su questi temi. Come è avvenuta la selezione?

Sono tutte persone che ho incontrato nel corso dei viaggi. Mi piace ascoltare, raccogliere e tessere le loro storie: così è avvenuto il ‘casting’. Cercavo, ad esempio, un volto femminile, una ragazza che potesse mostrare come i giovani del luogo vedono e interpretano il loro futuro. Deskit Angmo mi è parsa perfetta. Tutti i protagonisti sono originari del Ladakh, tranne Tournadre che pure ho incontrato durante il percorso e che fornisce uno sguardo esterno utile a decodificare la realtà attraverso il prisma della lingua. Grazie a lui ho compreso aspetti, sfumature di quella cultura che non avrei saputo afferrare. Ogni idioma riflette un modo di vedere, di intendere il mondo.

Anche lo spettatore compie un processo di acclimatazione. Scopre che l’antica cultura ladakha identifica nel linguaggio un grido di allarme degli spiriti dell’acqua, che soffrono per la violenza dell’uomo sulla natura. Questa centralità dell’elemento acquatico sembra ricondurre l’indagine a un’idea di vita prenatale, a una purezza da custodire e/o recuperare.

È questo il punto focale del film: l’acqua come rigenerazione. Nel corso delle riprese ho scoperto questo poeta tibetano, Rang Sgrol (nome de plume di Don grub rGyal) considerato il simbolo della liberazione culturale che ha interessato l’area negli anni Sessanta. I suoi versi, Torrente di gioventù, risuonano nel finale restituendo il senso della forza, della potenza della natura. Si tratta di un’opera che è considerata il manifesto della poesia tibetana moderna, e al momento della stesura racchiudeva il senso di rottura con la tradizione. Ecco mi interessava anche questa idea di liberazione, la tumultuosità che si incarna nell’acqua.

In filigrana si scorge anche l’urgenza di decostruire la narrazione di questi luoghi, ancora affollata di stereotipi, vecchie fascinazioni orientalistiche…

È ancora merito di Nicolas Tournadre se anch’io ho potuto superare certe barriere, liberarmi dei condizionamenti che popolano il nostro immaginario. Quando si parla una lingua, la stessa di chi anima un luogo, si riesce a sfiorare la realtà più profonda. Sono entrato in contatto, attraverso il ‘ponte’ linguistico, con buddisti e musulmani, facendo tesoro delle rispettive visioni. Il Ladakh è solcato da differenze, ma imparando a conoscerne la popolazione si scorge un nucleo comune, un’idea quasi mistica dell’acqua e un senso di smarrimento riguardo al rapporto uomo-natura.

Il film è in tal senso un monito al futuro. L’occasione per interrogarsi sulla necessità di conciliare rispetto per la terra e occasioni di sviluppo. In questa prospettiva i giovani hanno mostrato una sensibilità particolare, come dimostra l’ esperienza del Fridays For Future. Proprio così. Fa impressione pensare che quanto si vede nel film potrà un giorno non esserci più. Certo, il progresso è qualcosa di irreversibile, pensiamo a quanto accaduto a partire dal Covid; poteva essere un’occasione per rallentare, invece c’è stata la corsa al recupero, un affanno a costruire, a produrre. Il turismo sta devastando il Ladakh, ma è una fonte di reddito importante. Come conciliare modernità e sviluppo sostenibile? Ho cercato di mostrare le soluzioni attorno a cui si sta ragionando, e l’impegno dei giovani è centrale anche qui, a mostrare – ancora una volta – una connessione con l’Occidente. Mi auguro, come tutti, che la loro voce riesca a imporsi, a scuotere ancor di più le coscienze.

Songs of the Water Spirits ad "Un Grado e Mezzo" per le Settimane della Scienza 2022 di Torino 🌏

Si è concluso ieri l’appuntamento con l’edizione zero di “Un Grado e Mezzo. Festival su clima e ambiente”, evento ideato da CentroScienza Onlus all’interno delle Settimane della Scienza 2022 di Torino al quale Allegria Films ha avuto l’onore di partecipare.

Due giornate ricche di attività dedicate alla consapevolezza sul contesto climatico contemporaneo e che hanno visto coinvolti numerosi scienziati, ricercatori e giornalisti impegnati sul fronte della promozione di una coscienza ambientale globale.

La presenza di donne e uomini dallo spirito indomito, insieme all’ampia e sentita partecipazione da parte del pubblico, ha quindi reso per noi la proiezione di Songs of the Water Spirits a chiusura del festival un vero e proprio privilegio e che ci ha dato modo di mostrare gli effetti terribili provocati da una scellerata globalizzazione.

Tuttavia non sono sole ombre quelle che si profilano all’orizzonte, come mostrato dagli innovativi progetti dei coraggiosi protagonisti del nostro film; flebili bagliori da preservare, salvaguardare e rispettare hanno infatti il potere di illuminare l’oscurità verso cui stiamo inesorabilmente procedendo e che una volta raggiunti e nutriti potranno finalmente dare inizio ad una nuova era di equilibrio ambientale e culturale tra umanità e natura.

Songs of the Water Spirits per parlare di ecolinguistica al Premio Ostana

Il valore delle molteplici identità culturali che popolano ogni angolo del nostro pianeta costituisce uno dei temi portanti a cui Allegria Films, dopo anni di ricerca in Ladakh, ha dato voce in “Songs of the Water Spirits”.

In particolare il nostro lavoro, fatto di studio, ma anche di incontri, ha scelto di sottolineare l’importanza di un nuovo paradigma che negli ultimi decenni si è fatto strada all’interno delle riflessioni di molti pensatori; e così, insieme ad una critica ecologica, a storie di coraggio, di progetti innovativi e moderni, le parole di coloro che abbiamo incontrato nel corso del nostro cammino ci hanno permesso di portare alla luce la disciplina dell’ecolinguistica.

Lungi dal costituire un’analisi relegata ad una dimensione meramente teorica, l’ecolinguistica al giorno d’oggi si presenta come branca della ricerca dalla valenza pratica che ha il merito di fondere in sé sia uno studio delle trasformazioni linguistiche che una riflessione sui cambiamenti ambientali a cui l’uso smodato delle risorse nell’epoca della globalizzazione ha condotto.

La vita delle lingue è intimamente intrecciata con il proprio contesto sociale e naturale e questo il Ladakh (eco di un atteggiamento tanto indolente quanto predatorio nato altrove) ce lo ha mostrato con spietata crudezza, mettendoci di fronte all’avanzata di una globalizzazione che quotidianamente divora tradizioni e identità culturali.

È stato quindi un onore poter partecipare al Premio Ostana 2022, un evento dalla rilevanza internazionale ed interamente dedicato alla promozione di una consapevolezza nei confronti della preziosità delle lingue minoritarie. In questo splendido borgo d’alta montagna al confine con la Francia abbiamo potuto confrontarci con una realtà fatta di donne e uomini attivamente dediti alla propria missione, come Bhuchung D. Sonam, scrittore e poeta di origini tibetane esiliato dal proprio paese o come Nicolas Tournadre, linguista francese di fama internazionale specializzato in lingue tibetane e protagonista di Songs of the Water Spirits e molti altri.

La passione che accompagna il loro lavoro nutre tutto ciò in cui crediamo, ma soprattutto lotta per rendere più robuste quelle radici che legano ognuno di noi alla Terra, nel rispetto di chi siamo stati e di chi un giorno, forse, potremo essere.